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Creato il mantello dell'invisibilità in 3D
 

Lo studio è opera di un gruppo di ricercatori tedeschi e britannici.
Realizzata una struttura tridimensionale in grado di controllare la luce nascondendo alla vista gli oggetti.

MILANO - Arriva il primo mantello dell'invisibilità in 3D: non è il sottile velo che nei libri della Rowling Harry Potter usa per nascondersi, ma una struttura tridimensionale composta da una nuova classe di materiali capaci di controllare la luce rendendo così invisibili gli oggetti.
La scoperta, pubblicata sulla rivista Science, si deve a un gruppo di ricerca tedesco e inglese coordinato da Tolga Ergin e Nicolas Stenger dell'Istituto di Tecnologia di Karlsruhe

LA RICERCA - I ricercatori hanno utilizzato il mantello tridimensionale per rendere invisibile una protuberanza su una superficie d'oro, un po' come accade cercando di nascondere un piccolo oggetto sotto un tappeto ma facendo scomparire contemporaneamente anche il tappeto.
Il mantello è composto da speciali lenti assemblate in una struttura polimerica che ricorda una catasta di legna. La loro caratteristica è di legarsi parzialmente alle onde luminose in modo da impedire alla luce di diffondersi.
I primi test hanno avuto successo e hanno dimostrato che il nuovo materiale funziona, rendendo la parte schermata realmente invisibile. I mantelli dell'invisibilità finora ottenuti sono tutti bidimensionali ed anche questo era stato progettato inizialmente a due dimensioni, ha spiegato Ergin, ma poi ha dimostrato di poter funzionare anche nella terza dimensione.
Che lavorino su un piano o su una struttura tridimensionale, i «materiali dell'invisibilità» appartengono al regno dell'infinitamente piccolo. Si tratta infatti di nanomateriali (delle dimensioni dell'ordine di milionesimi di metro).
La loro caratteristica è la capacità di deviare le onde luminose, orientandole attorno a un oggetto fino ad avvolgerlo come un guscio che si comporta come un mantello dell'invisibilità.
Il passo per trasformare queste ricerche avveniristiche in dispositivi di grandi dimensioni è ancora molto lungo, anche se la ricerca va avanti a grandi passi. Le prospettive sono comunque interessanti: secondo gli esperti si potrebbero rendere invisibili sonde da utilizzare in indagini di spionaggio, oppure componenti elettronici miniaturizzati più efficienti, lenti più efficaci, mantelli acustici per prevenire la penetrazione di vibrazioni, suoni o onde sismiche, e ancora si prospettano possibili applicazioni nella difesa e nelle telecomunicazioni.
Con i futuri mantelli dell'invisibilità si potranno fare molte cose, ma fin da ora è chiaro che sarà molto difficile farne in tutto e per tutto l'equivalente del magico mantello di Harry Potter: è vero che, indossandoli, nessuno può vedere chi si nasconde all'interno, ma è anche vero che dall'interno non è possibile vedere nulla di quello che c'è all'esterno.

Corriere della Sera - 18 Marzo 2010

 
 
Il primo mantello dell'invisibilità!
 
Harry Potter non c'entra, la magia ancora meno.
Il mantello dell'invisibilità messo a punto dai ricercatori della University of California di Berkley misura appena 4 micrometri e prima che un essere umano lo possa indossare e scomparire ci vorranno parecchi anni.
Nonostante ciò il traguardo raggiunto dalla squadra capitanata dal dott. X. Zhang segna un passo epocale.
È la prima volta infatti che l'uomo riesce a far sparire un oggetto (per quanto minuscolo) dallo spettro dell'infrarosso.

Se noi vediamo un oggetto è perché la luce lo colpisce e viene riflessa fino alla retina.
Per nascondere oggetti ai nostri occhi il mantello invisibile di Zhang si serve di una sorta di inganno.
Fisicamente ha la forma di una microscopica cupola, ma quando le onde luminose lo colpiscono vengono riflesse come se la sua superficie fosse assolutamente piatta. Com'è possibile?
Il merito è della particolare struttura molecolare del mantello (composto da un wafer di silice e silicio) realizzata appositamente perché imiti alla perfezione la capacità di rifrazione di una superficie piatta. In questo modo il mantello riesce a sparire (e a nascondere qualsiasi cosa ci venga messa sotto) ai rilevatori sintonizzati su una certa frequenza.

Non è la prima volta che Zhang ottiene risultati simili. Solo un anno fa la sua troupe era riuscita a costruire un mantello invisibile ai rilevatori di microonde.
Il problema era che questo mantello era composto da metamateriali metallici (caratterizzati da un indice di rifrazione negativo) e presentava alti livelli di dispersione del segnale; inoltre funzionava solo a lunghezze d'onda superiori all'infrarosso e al visibile. Allora Zhang ha provato a puntare su un approccio diverso.
Via i metamateriali metallici, il nuovo mantello sfrutta le proprietà di materiali non conduttori come la silice.
Per testarne l'efficacia, i ricercatori hanno osservato il comportamento di un fascio di luce che colpisse una superficie piatta o la protuberanza del mantello. Il segnale derivante dalla rifrazione era praticamente identico.

Per ora l'esperimento ha dimostrato di funzionare bene a lunghezze d'onda comprese tra 1400 e 1800 nm (infrarosso), ma Zhang sostiene che la stessa tecnica può essere facilmente utilizzata per schermare le frequenze dello spettro visibile e che di qui a pochi anni sarà utilizzabile per scopi pratici.
I possibili campi di applicazione, del resto, sono svariati: dalla trasmissione dei segnali nei computer alla riduzione dell'impatto ambientale di interi edifici. Pare inoltre che l'aeronautica militare statunitense voglia sfruttare i principi del mantello per costruire velivoli Stealth di nuova generazione.
Intanto noi sognamo di averne presto uno tutto per noi per sparire dalle situazioni più imbarazzanti…

Fabio Deotto - 6 Maggio 2009
 
 
Scoperto il "mantello" dell’invisibilità
 
Ricerca alla Duke University. Utilizzati metamateriali top secret.
Esperimento negli Usa: cilindro in rame scompare alla vista.

MILANO - Forse affascinati da Harry Potter, capace di scomparire tra le oscure torri del castello di Hogwarts, o dallo scudo che in Star Trek i Klingon generano per rendere invisibili le loro astronavi, il risultato è che gli scienziati della Duke University (Usa) sembrano davvero aver conquistato l’invisibilità.
È solo un primo passo, naturalmente, ma il cilindro di rame posato sul tavolo del laboratorio è davvero scomparso quando è stato avvolto da un materiale la cui identità è tenuta rigorosamente segreta.

RICERCA - «Finalmente funziona », spiega soddisfatto David Smith, alla guida di un gruppetto di ricercatori all’apparenza impegnati più in un gioco fantastico che in una seriosa ricerca. Niente di più vero, invece, questa volta; e la chiave della vittoria sono dei «metamateriali » da loro inventati partendo dai risultati teorici ottenuti nel maggio scorso da John Pendry dell’Imperial College di Londra.
Le caratteristiche non vengono rivelate, dati gli interessi prima di tutto militari che la scoperta riveste.
Tuttavia si sa che hanno proprietà elettriche e magnetiche alterate e sconosciute rispetto a qualsiasi tipo di sostanza finora esistente. Così è accaduto che il cilindro di rame sul tavolo del laboratorio americano irradiato con onde elettromagnetiche molto piccole (come le microonde di un radar) non venisse più visto, scomparisse, perché lo specialissimo rivestimento, invece di far rimbalzare le onde elettromagnetiche come avviene nella norma, le deviava.
Come in un torrente quando un flusso d’acqua incontra un masso e lo aggira proseguendo oltre.

SOGNO — Questo materiale non ha niente a che fare con quello adoperato dagli aerei invisibili americani che invece assorbono le radiazioni, e non ha nulla da spartire con gli esperimenti condotti da almeno mezzo secolo; perché tutti inseguono il sogno dell’invisibilità, percorrendo anche strade diverse, talvolta stravaganti.
Come la vernice al glicerolo con la quale uno scienziato texano rendeva momentaneamente trasparenti i tessuti delle sue cavie. Oppure i test all’università di Pennsylvania grazie ai quali si riusciva a «non far apparire» gli oggetti con un effetto di lente generato da alcuni minerali, o le prove all’università di Tokyo con un impermeabile che mostrava davanti ciò che era nascosto dietro usando una combinazione di stereocamere e specchi.
Ora David Smith pare aver imboccato la strada giusta, che sarà molto lunga, perché arrivare a rendere invisibili gli oggetti percepiti dai nostri occhi è molto più difficile rispetto alle microonde. Ma, scoperto il principio, si tratta solo di approfondire.
Come funziona il "mantello" dell'invisibilità

Giovanni Caprara - Corriere della Sera - 21 Ottobre 2006
 
 
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